Articolo da CRS - Centro per la Riforma dello Stato
I pesticidi sono prodotti dalle grandi compagnie di idrocarburi e contribuiscono a loro volta al cambiamento climatico e all’inquinamento ambientale. Un circolo vizioso che ha come ulteriore conseguenza il forte aggravio di malattie come il Parkinson e l'Alzheimer.
Le immagini hanno fatto il giro del mondo: centinaia di trattori in
tutta Europa in marcia verso le grandi città per difendere la categoria
degli agricoltori, minacciata – a suo dire – dalla burocrazia e dai
regolamenti recentemente adottati dall’UE, ritenuti rischiosi per la
sopravvivenza di questo settore produttivo. A ben vedere, il bersaglio
principale della rivolta era il pacchetto di norme ambientali approvate
da Bruxelles (il c.d. Green Deal europeo) pensate per raggiungere la
neutralità climatica entro il 2050: taglio dell’uso dei pesticidi del
50% entro il 2030, riduzione dell’uso dei fertilizzanti del 20%, aumento
dei terreni da lasciare a riposo e raddoppio della produzione
biologica.
Di fronte al dilagare della protesta, ancora una volta le istituzioni
si sono piegate, tanto è vero che la presidente Ursula von der Leyen ha
promesso una serie di concessioni sulla riduzione delle emissioni di
gas serra diversi da CO2 e, con effetto immediato, ha deciso
di abrogare il regolamento messo a punto nel 2023, noto con l’acronimo
di SUR (Sustainable Use Regulation of Plant Protection Products), che
prevedeva appunto il dimezzamento dell’uso di pesticidi entro il 2030.
Un grave errore, frutto ancora una volta della miopia di una politica
che di fronte a rivendicazioni di chiara matrice corporativa non esita a
chiudere gli occhi su un grave problema di salute pubblica: vi sono
infatti prove inconfutabili del fatto che i pesticidi chimici siano una
delle fonti di inquinamento principali dell’acqua e del suolo, nonché
responsabili di svariate malattie croniche nell’uomo, dai tumori1 alla malattia di Parkinson (MP)2.
Pesticidi e cambiamento climatico
Esiste un circolo vizioso tra l’uso indiscriminato di pesticidi e i
cambiamenti climatici. Secondo un documento di Pesticide Action Network
(PAN), una rete mondiale di oltre 600 fra istituzioni, organizzazioni
non governative e singoli individui che si occupa di tutela ambientale
in 60 Paesi, i pesticidi sono un fonte rilevante di gas serra3.
Questo perché la quasi totalità dei prodotti chimici di sintesi,
compresi i pesticidi, deriva da combustibili fossili e diverse grandi
compagnie petrolifere sono coinvolte nella loro produzione.
Analogamente, imballaggio, trasporto e smaltimento di sostanze chimiche
producono emissioni di gas serra e aggravano il degrado ambientale e il
riscaldamento globale. Ma c’è di più: il contributo dei pesticidi
all’aumento della temperatura terrestre genera a sua volta un aumento
dei parassiti nell’ambiente e una parallela riduzione della resilienza
delle colture, innescando un circolo vizioso che richiederà quantità
sempre maggiori di composti chimici. Senza dimenticare che l’uso
indiscriminato di questi prodotti, come accade fra antibiotici e
batteri, induce il fenomeno della resistenza di insetti ed erbe
infestanti ad erbicidi e insetticidi, con la necessità di sintetizzare
nuovi composti ancora più potenti.
Si noti fra l’altro che, stando al rapporto del WWF “Pesticidi: una
pandemia silenziosa”, l’Italia risulta il sesto Paese al mondo per il
loro utilizzo, con quasi 400 diverse sostanze per un totale di 114.000
tonnellate all’anno4.
Pesticidi e neuropatologia
Il glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo, ha un’impronta di carbonio (cioè, la stima della quantità di carbonio emessa nell’atmosfera per una determinata attività) pari a 31,3 kg di CO2
per ogni chilogrammo prodotto. Secondo il PAN britannico, dal 2016 al
2020 l’uso del glifosato è aumentato del 16 per cento nel solo Regno
Unito, generando 81.000 tonnellate di CO2, equivalenti a oltre 75.000 voli da Londra a Sydney.
Il glifosato ha una elevata tossicità ambientale capace di alterare
la funzionalità degli ecosistemi e ridurre drasticamente la biodiversità5:
numerose evidenze scientifiche indicano che questo composto è in grado
di innescare una reazione infiammatoria nei tessuti con i quali viene in
contatto, favorendo lo sviluppo di patologie neoplastiche,
cerebrovascolari6 e, soprattutto, di malattie
neurodegenerative quali l’Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi laterale
amiotrofica (SLA). L’ultimo studio disponibile, appena pubblicato da
ricercatori della Washington University School of Medicine, svela il
meccanismo attraverso cui questo veleno, agendo primitivamente sulla
flora batterica intestinale, favorirebbe il trasporto di sostanze
tossiche al cervello in grado di innescare successivamente una reazione
infiammatoria nelle cellule nervose7. Non a caso, in un
comunicato emesso nel febbraio di quest’anno, la Società Italiana di
Neurologia, in coerenza con l’adesione alla campagna sulla salute del
cervello “One Brain, One Health”, ha auspicato che si faccia buon uso
delle regole introdotte dal Green Deal, prime fra tutte quelle per un
uso responsabile dei pesticidi, perché solo così si può garantire un
normale sviluppo del sistema nervoso cerebrale nei bambini senza
aumentare il rischio di malattie neurologiche negli adulti e negli
anziani.
La MP, malattia cronica progressiva che affligge milioni di persone
in tutto il mondo, è, ad oggi, la patologia maggiormente indiziata di
possedere un rapporto di causalità con l’esposizione a pesticidi, ma
anche, più in generale, ad insetticidi, solventi e metalli pesanti come
arsenico, cadmio, mercurio, manganese e piombo. Diversi studi
epidemiologici segnalano un aumento del rischio sia per le popolazioni
che vivono in ambienti rurali8,9, sia per gli operatori direttamente impegnati nel settore agricolo10, tanto da portare alcuni ricercatori a considerare la MP come una malattia professionale specifica del settore11.
Ultima evidenza in ordine di tempo, fra le più esaustive e
convincenti, è quella presentata al meeting annuale dell’American
Academy of Neurology12, relativa ad uno studio
condotto in una vasta area geografica estesa fra le Montagne rocciose e
le Grandi pianure degli Stati Uniti, dove l’analisi delle cartelle
cliniche di una popolazione di oltre 21 milioni di abitanti ha
evidenziato che i residenti nelle contee con i più alti livelli di
esposizione ai pesticidi hanno un rischio maggiore di sviluppare la MP
rispetto a quelli delle aree a bassa esposizione. Nella fattispecie, i
ricercatori hanno identificato 14 pesticidi ed erbicidi associati alla
MP.
Grazie a uno studio dell’Università della California, conosciamo ora
anche il meccanismo molecolare che porta alla degenerazione delle
cellule cerebrali, che sarebbe mediato dal blocco dell’attività di un
enzima presente nei neuroni, chiamato aldeide deidrogenasi, che aumenta
la suscettibilità a sviluppare la malattia13.
Ma i danni provocati dai pesticidi in ambito neurologico non si
fermano qui, poiché i loro impiego è stato ripetutamente correlato a un
possibile aumento del rischio di sviluppare altre due patologie
gravemente invalidanti quali la sclerosi multipla14 e la SLA, sulla quale vi sono anche studi effettuati in Italia15-17.
Infine, alcune osservazioni sono state condotte anche sul possibile
ruolo eziologico dell’esposizione cronica ai pesticidi sullo sviluppo di
demenza18, in particolare della malattia di Alzheimer19,per
quanto in questo contesto le evidenze scientifiche siano al momento
meno numerose e conclusive rispetto alle altre patologie
neurodegenerative.
Continua la lettura su CRS - Centro per la Riforma dello Stato
Fonte: CRS - Centro per la Riforma dello Stato
Autore: Giancarlo Bausano
Licenza:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.
Articolo tratto interamente da CRS - Centro per la Riforma dello Stato